sabato 7 luglio 2012

Corso ECM FAD gratis SPRINGER


Corso ecm FAD:"Mezzo di contrasto e parametri di acquisizione in angio-TC: strategie di riduzione della dose."
5 crediti ECM

E' possibile iscriversi al corso al seguente link previo registrazione al sito:
http://www.imagingdiagnostico.it/scheda-corso-vanzulli.php


venerdì 6 luglio 2012

Ccsvi e sclerosi multipla

Vi invito a leggere questo interessante articolo sulla ccsvi.
Voi direte che cosa c'entra il Tsrm? Bene il Tsrm ha un ruolo importante durante gli interventi per la cura della ccsvi in quanto collabora con il radiologo interventista in maniera diretta acquisendo le immagini ed effettuando la flebografia attraverso l'utilizzo di un intensificatore di brillanza. Vi rimando ad un articolo piu dettagliato che uscirà a breve.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/06/insufficienza-venosa-e-sclerosi-multipla-provata-la-coesistenza/286280/

martedì 3 luglio 2012

IL CONSENSO INFORMATO

Il consenso informato: “strumento per comunicare o per difendersi?
Dovrebbe essere un momento qualificante nella relazione medico-paziente.
Invece viene spesso relegato a momento marginale, più simile
a un’incombenza burocratica che a un delicato punto di partenza della terapia.”




Il tema relativo al consenso informato è stato, ed è tuttora, oggetto di discussione, ciò nonostante da oltre quindici anni rappresenta un momento imprescindibile nella dinamica di svolgimento delle attività mediche. Il consenso informato pone le sue fondamenta sul diritto di autonomia di scelta del cittadino, relativamente ad un trattamento sanitario. Alla luce di ciò un elemento essenziale del progetto terapeutico è l’informazione. Il paziente ha il diritto di ricevere, dal proprio medico, le informazioni relative alla diagnosi, alla prognosi, alle prospettive terapeutiche e alle eventuali conseguenze delle scelte effettuate. Solo successivamente il cittadino/utente potrà, liberamente e autonomamente, prendere la propria decisione.

In questo modo l’espressione “Consenso Informato” sarà sinonimo di partecipazione, consapevolezza, informazione, libertà di scelta e di decisione delle persone ammalate.



FONTI GIURIDICHE DEL CONSENSO INFORMATO

Il termine attualmente in uso “consenso informato” non si ritrova nei codici penali o nei codici civili, né in normative speciali, ma è di derivazione americana essendo stato importato dagli Stati Uniti dove la dizione “informed consent” è stata usata per la prima volta in un processo celebrato in California.

In quell'occasione, il principio dell’autonomia decisionale del paziente è stato riaffermato come argine alla tendenza dei medici ad assumere in via diretta ed esclusiva le decisioni relative al trattamento del paziente.

La locuzione inglese, informazione e consenso, appare meno ambigua rispetto all’espressione in italiano di consenso informato.

Infatti “inform and consent” mette meglio in evidenza come, senza una corretta informazione che preceda il trattamento, non vi può essere vero consenso.

Quindi, nella struttura del consenso informato il ruolo del medico è quello di spiegare al paziente la sua condizione clinica e le varie possibilità di diagnosi o di terapia per consentirgli di valutare l’informazione ricevuta nel contesto della propria attitudine psicologica o morale e , quindi, di scegliere (o almeno di concorrere nella scelta) l’iter terapeutico che ritiene adatto ed accettabile.

Nel caso della prestazione medica, trattandosi di prestazione professionale che coinvolge direttamente beni della vita di rilevanza primaria in materie spesso di assoluta ignoranza da parte del paziente, il dovere di informare in modo completo quest’ultimo, appare quanto mai stringente.

È evidente che alcune prestazioni mediche per la loro ordinari età possano ritenersi conosciute dalla maggioranza dei possibili pazienti in quanto entrate a far parte della comune esperienza di ciascuno, vedasi, a titolo d’esempio, il prelievo di sangue, applicazione di un gesso, un’iniezione endovenosa.

Che tali prestazioni comportino, una minima lesione cutanea oppure una immobilizzazione della parte ingessata, è caratteristica che può ritenersi conosciuta o conoscibile da parte di ciascuno, salvo situazioni in cui il professionista avrebbe dovuto rendersi conto dell’assoluta mancanza di consapevolezza, da parte del paziente, delle più elementari nozioni medico-sanitarie ed avrebbe dovuto preoccuparsi di integrarne la conoscenza.

In ogni altro caso, il dovere d’informazione è di rilevanza fondamentale; infatti, la corretta informazione costituisce il presupposto per la valida prestazione del consenso al trattamento medico, ed assume il carattere di un dovere autonomo rispetto alla stessa colpa professionale, potendone addirittura prescindere.

Il professionista, prima di acquisire il consenso deve illustrare compiutamente al paziente la situazione, le possibilità di intervenire, i probabili effetti benefici che ne dovrebbero conseguire, i rischi che potrebbero derivarne; deve mettere il paziente nelle condizioni di effettuare, nel limite delle proprie possibilità, una valutazione, quanto più cosciente e completa, dei costi e dei benefici, e prestare di conseguenza il consenso all’effettuazione delle operazioni che la scelta comporta.



Per quanto attiene alle fonti normative, avendo già precisato che non esiste nell’ordinamento una disciplina specifica in materia, occorre fare riferimento ad una ricostruzione normativa effettuata dalla giurisprudenza delle corti in merito e , soprattutto a quella rinvenuta in una rilevante sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Civ. Sez. III, 15-01-1997, n. 364) che si ritiene opportuno riportare negli stralci d’interesse.

L’attività medica trova fondamento e giustificazione non tanto nel consenso dell’avente diritto (art 51 c.p.), che incontrerebbe spesso l’ostacolo di cui all’art. 5 c.c., quanto sulla tutela di un bene, costituzionalmente garantito, quale il bene della salute.

Dall’autolegittimazione dell’attività medica, anche al di là dei limiti dell’art. 5 c.c., non può trarsi, tuttavia, la convinzione che il medico possa, di norma ed al di fuori di taluni casi eccezionali (allorché il paziente non sia in grado, di prestare un qualsiasi consenso o dissenso, ovvero più in generale, ove sussistano le condizioni di cui all’art. 54 c.p.), intervenire senza il consenso o malgrado il dissenso del paziente. La necessità del consenso – immune da vizi e, ove comporti atti di disposizione del proprio corpo, non contrario all’ordine pubblico ed al buon costume – si evince, in generale, dall’art. 13 cost., il quale sancisce l’inviolabilità della libertà personale – nel cui ambito deve ritenersi compresa la libertà di salvaguardare la propria salute e la propria integrità fisica -, escludendone ogni restrizione, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e con le modalità previste dalla legge per l’art. 32, secondo comma, cost., soprattutto, “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizioni di legge”, la quale “non può, in ogni caso, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”

La formazione del consenso presuppone una specifica informazione (si parla, in proposito di consenso informato), che non può che provenire dallo stesso sanitario cui è richiesta la prestazione professionale. L’obbligo di informazione da parte del sanitario assume rilievo nella fase precontrattuale, in cui si forma il consenso del paziente al trattamento od all’intervento, e trova fondamento nel dovere di comportarsi secondo una buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (art. 1337 c.c.; Cass. 26 marzo 1981, n. 1773; 12 maggio 1982, n. 3604; 25 novembre 1994, n.10014).

Il problema merita un approfondimento sotto duplice profilo.

Nell’ambito degli interventi chirurgici in particolare, il dovere di informazione, concerne la portata dell’intervento, le inevitabili difficoltà, gli effetti conseguibili e gli eventuali rischi, si da porre il paziente in condizioni di decidere sull’opportunità di procedervi o di ometterlo, attraverso il bilanciamento di vantaggi e rischi. L’obbligo si estende ai rischi prevedibili e non anche agli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’id quod plerumque accidit, non potendosi disconoscere che l’operatore sanitario deve contemperare l’esigenza di informazione con la necessità di evitare che il paziente, per una qualsiasi remotissima eventualità, eviti di sottoporsi anche ad un banale intervento. Assume rilevanza, in proposito, l’importanze degli interessi e dei beni in gioco, non potendosi consentire tuttavia, in forza di un mero calcolo statistico, che il paziente non venga edotto di rischi, anche ridottissimi, che incidano gravemente sulle sue condizioni fisiche o, addirittura, sul bene supremo della vita.

L’obbligo di informazione si estende , inoltre, ai rischi specifici rispetto a determinate scelte alternative, in modo che il paziente, con l’ausilio tecnico-scientifico del sanitario, possa determinarsi verso l’una o l’altra delle scelte possibili, attraverso una cosciente valutazione dei rischi relativi e dei corrispondenti vantaggi.

Sotto un altro profilo è noto che interventi particolarmente complessi, specie nel lavoro in equipe, ormai normale negli interventi chirurgici, presentino, nelle varie fasi, rischi specifici e distinti. Allorché tali fasi assumano una propria autonomia gestionale e diano luogo, esse stesse, a scelte operative diversificate, ognuna delle quali presenti rischi diversi, l’obbligo di informazione si estende anche alle singole fasi ed ai rispettivi rischi.

Applicando tali principi al caso concreto se è vero che la richiesta di uno specifico intervento chirurgico avanzata dal paziente può farne presumere il consenso a tutte le operazioni preparatorie e successive che vi sono connesse, ed in particolare al trattamento anestesiologico, allorché più siano le tecniche di esecuzione di quest’ultimo, e le stesse comportino rischi diversi, è dovere sanitario, cui pur spettano le scelte operative, informarlo dei rischi e dei vantaggi specifici ed operare la scelta anche in relazione alle decisioni del paziente.

Va precisato, infine, per completezza che il codice di Deontologia medica dedica numerosi articoli alla problematica del consenso informato; è evidente che il codice costituisce norma di condotta per il medico che ad esso deve attenersi per lo svolgimento dell’attività professionale ed assume rilevanza disciplinare ancorché non abbia valore cogente alla stregua di una norma di legge.

Articolo 30: Informazione al cittadino

Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico nell'informarlo dovrà tenere conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l'informazione deve essere rispettata.

Articolo 31: Informazione a Terzi

L’informazioni a Terzi è ammessa solo con il consenso esplicitamente espresso dal paziente. Il Medico deve raccogliere gli eventuali nominativi delle persone preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione delle informazioni.

Articolo 32: Acquisizione del Consenso Informato

Il Medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del Consenso Informato del Paziente.

Il consenso deve essere espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui , per la pericolosità della prestazione diagnostica e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulle integrità fisica, si renda opportuna una manifestazione inequivoca della volontà della persona stessa.

In ogni caso, in presenza di un documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il Medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o terapeutici, non essendo consentito alcun trattamento contro la volontà della persona, ove non ricorrano le condizioni di incapacità di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita (art. 34).

Articolo 33: Consenso del legale rappresentante

Allorché si tratti di minore, di interdetto o di inabilitato, il Consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale.

In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore dei minori o di incapaci, il Medico è tenuto ad informare l’autorità giudiziaria.

Articolo 34: Autonomia del cittadino

Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto detto precedentemente espresso dallo stesso, il medico ha l’obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l’età e con la capacità di comprensione, fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante.



L’ ”ATTO MEDICO”

La definizione di “Atto medico” si può derivare dalla definizione stessa di “Medico” data dall’organizzazione Mondiale di Sanità.

L’ “Atto medico” è finalizzato alla tutela della salute del cittadino e della collettività, prendendosi cura dell’uomo prima ancora che esso sia concepito, sino a garantirgli una morte dignitosa.

La nostra costituzione si è preoccupata di tutelare lo stato di salute dei cittadini garantendo gli interventi medici necessari, anche attraverso norme di diritto, seppure l’atto medico non deve essere inteso e interpretato come un atto esclusivamente sociale, bensì anche un vero e proprio atto individuale del Medico verso il suo Paziente.

L’ “Atto medico” coinvolge e ingloba l’intera attività medica e come tale ha implicazioni deontologiche, etiche, sociali e medico-legali per lo stretto rapporto che si assume con la facoltà di compiere tali atti e con la responsabilità professionale.

Il consenso informato è l’espressione della volontà del Cittadino, fondante sull’autonomia dell’individuo che autorizza il Medico ad effettuare specifici trattamenti. Ecco perché la manifestazione della volontà deve essere esplicita e personale, la scelta di curarsi deve essere libera e, se veramente libera, può essere revocata.

La comunicazione tra Medico e Paziente è parte integrante dell’atto medico e la firma del modulo non è dunque un atto burocratico bensì il sigillo di un “alleanza terapeutica”.

Ecco perché bisogna rendere il linguaggio comprensibile, fornire un breve elenco dei rischi specifici e generali connessi, richiedere al Paziente se ha ben compreso e concludere con lui una sottoscrizione del Patto.

L’ “Atto medico” è quindi un atto d’amore perché deve contemperare il timore del trattamento, creare un clima di cooperazione e comprensione e soprattutto rassicurare attraverso l’informazione, il Paziente e i suoi cari.  



IL “CONSENSO INFORMATO” DALLA PARTE DEI CITTADINI

Il modello di medicina affermatosi con forza in questi ultimi anni impone un vero e proprio trasferimento di potere decisionale in materia di salute del medico verso il malato; gli anglosassoni definiscono questo processo empowerment del cittadino.

L’idea che è alla base di questo nuovo approccio è che le decisioni rispetto alla salute debbano essere prese, diversamente che in passato, in modo “ condiviso”, dal medico e dal malato.

Anche il buon senso ci insegna che una decisione realmente condivisa da due soggetti non può nascere in alcun modo da un semplice adempimento burocratico, proprio come accade quando un malato appone frettolosamente la sua firma in calce al modulo di consenso che un operatore gli sottopone un attimo prima di entrare in sala operatoria.

Al contrario una decisione è realmente condivisa se è frutto di un dialogo vero tra cittadino e operatore, con il tempo giusto, e se scaturisce da un rapporto di fiducia tra questi due soggetti; essa non può in ogni caso prescindere dal trasferimento di informazioni, tecniche e scientifiche, dal medico verso il malato, e dall’uso di un linguaggio semplice e comprensibile anche da chi non ha conoscenze mediche.

D’altro canto , la Carta europea dei diritti del malato, frutto di un lavoro congiunto del tribunale per i diritti del malato e quindici organizzazioni civiche europee, afferma che “ogni individuo ha il diritto di accedere a tutte le informazioni che lo possono mettere in grado di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano la sua salute. Queste informazioni sono un prerequisito per ogni procedura e trattamento, ivi compresa la partecipazione alla ricerca scientifica”.

Sulla base di queste premesse, vanno fatte due considerazioni. La prima riguarda gli operatori, i quali oggi non possono fare a meno di considerare il dialogo con il malato come parte integrante dell’atto medico e dunque requisito di qualità della prestazione.

La seconda considerazione riguarda i cittadini, che oggi sono chiamati a diventare sempre più soggetti attivi nel rapporto con i medici, capaci di porre anche domande come queste: perché è necessario questo trattamento? Quali sono i benefici attesi e i rischi potenziali? Cosa mi capiterebbe e con quale probabilità se questa operazione non fosse eseguita? Esistono trattamenti alternativi? Il trattamento che mi propone è scientificamente fondato? Al mio posto lei si sarebbe sottoposto al medesimo trattamento?

La sfida sarà cogliere in tutto questo processo l’occasione per riappropriarsi della missione per la quale il sistema sanitario pubblico è nato.







Bibliografia: “Un Consenso davvero informato …il Consenso dalla parte del cittadino” ( a cura di: ASL BN 1 – Benevento; Università degli Studi di Bari; Tribunale per i Diritti del  Malato – Cittadinanzattiva)

lunedì 2 luglio 2012

NOMENCLATORE TARIFFARIO MINIMO NAZIONALE

Per chi è interessato pubblico il link relativo al nomenclatore tariffario minimo nazionale, argomento molto interessante soprattutto per i TSRM liberi professionisti. Invito tutti a leggerlo con attenzione, perchè è giusto che ogni tecnico conosca quali sono i suoi diritti e/o doveri.


http://www.tsrmtorinoaosta.org/SharedFiles/Download.aspx?pageid=17&mid=10&fileid=91